CREA - Centro di Ricerca E Ambulatori è un progetto di ricerca scientifica e di evoluzione scientifico - culturale per la Fondazione San Sebastiano della Misericordia di Firenze.
I recenti risultati della più grande ricerca condotta finora sulle cause genetiche del disturbo dello spettro autistico stanno suscitando interesse e dibattiti nella comunità scientifica internazionale. La ricerca ha coinvolto 5 Paesi e oltre 2 milioni di bambini.
Una recente revisione della letteratura aggiorna i contributi pubblicati dal CREA quattro anni fa sui fattori di rischio per il disturbo dello spettro autistico, sia pre che peri e post-natali. L'interazione tra genoma e ambiente, mediata da meccanismi epigenetici, sembra esprimersi soprattutto nelle settimane immediatamente successive al concepimento.
I risultati di un nuovo studio coordinato dallo MIT e dall'Università di Harvard ridurrebbero a 102 i geni coinvolti nella genesi del disturbo dello spettro autistico.
Da qualche giorno alcune delle persone con disabilità intellettiva possono dare un nome e una causa alla loro condizione e sperare così in interventi terapeutici che ne migliorino la prognosi o ne allevino i sintomi. Si tratta della sindrome da aploinsufficienza di YY1.
Negli ultimi due anni le evidenze sul primato della componente molecolare nella genesi dei disturbi dello spettro autistico sono state numerose e hanno individuato relazioni strette con strutture e funzioni neuronali specifiche.
L’analisi genetica e funzionale delle mutazioni del gene SHANK-2 indica che nell’eziopatogenesi dei disturbi dello spettro autistico sono coinvolti loci genetici multipli, molti dei quali codificanti proteine delle strutture sinaptiche.
Nei disturbi dello spettro autistico il contributo patogenico dei fattori ambientali, la loro definizione come fattori di rischio o causali e il grado con cui l’ambiente esterno influenzi l’attività genetica sono ancora oggetto di ricerca e di riflessione. Quali sono i fattori prenatali biologici più studiati?
Una recente revisione della letteratura scientifica sulla genesi delle alterazioni anatomiche dell'autismo ne conferma l'insorgenza in età fetale su base genetica e contribuisce a respingere altre improbabili associazioni causali, come quella dell’esposizione ai vaccini in età pediatrica o agli antidepressivi in età fetale.
Negli ultimi anni nuove posizioni filosofiche e bioetiche tornano pericolosamente ad attribuire alla dignità dell’esistenza connotati d’efficienza intellettiva.
Che il gene SHANK3 fosse coinvolto nella genesi dell'autismo e di altri disturbi del neurosviluppo era noto da tempo. Le dinamiche di questo coinvolgimento sono invece state chiarite pochi mesi fa e riguardano un difetto di connessione proteica fra neuroni cerebrali. Questa scoperta determinerà nuovi inquadramenti nosografici e permetterà lo sviluppo di nuove terapie?
Arriva dalla Nuova Zelanda la scoperta del meccanismo con cui una mutazione della proteina SHANK3 porta ad un difetto di connessione e di comunicazione fra neuroni cerebrali. Si tratta del primo passo verso la costruzione di una cura per l'autismo e per gli altri disturbi del neurosviluppo?
La sindrome di Pitt-Hopkins (PHS), descritta per la prima volta nel 1978, offre oggi conoscenze utili alla comprensione dei legami genetici e clinici fra disabilità intellettiva, schizofrenia, autismo e altri disturbi neuropsichiatrici principali.
La ricerca contemporanea attribuisce alla relazione fra la plasticità neuronale e l'attività del gene mTOR una potenziale grande utilità per le terapie future dei disturbi del neurosviluppo.
I risultati di recenti ricerche hanno permesso una migliore comprensione di alcuni dei meccanismi neurotrasmettitoriali che regolano i comportamenti sociali. Gli stessi dati rivelano importanti legami con le basi molecolari dei disturbi dello spettro autistico.
È stato recentemente scoperto che variazioni del numero di copie di alcune sequenze del genoma del braccio corto del cromosoma 16, già correlato all'autismo, sono associate alla possibilità di sviluppare schizofrenia. In studi precedenti la delezione di un'area limitrofa era risultata essere un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di disabilità intellettiva. È ipotizzabile una base epigenetica comune alle tre condizioni?
Da numerosi anni gli studiosi lavorano per comprendere quali possono essere i geni responsabili delle manifestazioni cliniche della sindrome di Down e per migliorare le condizioni e l'aspettativa di vita degli individui che ne sono affetti.
Le variazioni del numero di copie geniche recentemente identificate nella schizofrenia erano state già evidenziate in soggetti con Ritardo Mentale, da lieve a moderato, con Disturbi dello Spettro Autistico e con Epilessia.
L’origine eziologica e le possibilità d’intervento farmacologico dell’autismo rappresentano due ambiti di grande interesse scientifico e sui quali la ricerca non ha ancora fornito risultati conclusivi. Tuttavia sono sempre più frequenti gli studi che collocano nella genetica alcuni importanti principi causali e terapeutici.
Alcuni autori hanno recentemente scoperto che una mutazione del gene NRXN1 si associa a disturbi dello spettro autistico e a ritardo mentale.
La comprensione del modo con cui i processi cognitivi come l'apprendimento, la memoria, la decisionalità o l'ideazione vengono codificati nel genoma è uno dei problemi centrali della moderna biologia. L'identificazione di set di geni che sottendono i disturbi mentali e le disabilità intellettive sembra rappresentare una delle tappe principali verso questo traguardo.
L'estrema variabilità della sintomatologia autistica, oggi ulteriormente incrementata dall'introduzione del concetto di spettro autistico, è uno dei problemi più grandi nella diagnosi e nel trattamento dei disturbi psichici che insorgono nelle prime età della vita.
La comunità scientifica internazionale ritiene che questo polimorfismo sia attribuibile ad una complessità di fattori causali diversi, sia di tipo biologico, soprattutto genetico, che di tipo ambientale.
Una buona parte dei ricercatori del settore sostiene che tutti questi fattori diversi possano determinare lo stesso meccanismo biologico che sottiene ai sintomi nucleari del disturbo. Questo meccanismo non è ancora noto, ma nuove tecnologie e nuove strategie di ricerca stanno fornendo interessanti indicazioni su un possibile coinvolgimento delle sinapsi.